Aborti e abbandoni di neonati. C'è una rete per le madri sole

In Rete, l’allarme lanciato venerdì scorso da un’ampia inchiesta di Repubblica s’è già trasformato in un fenomeno globale. Basterà digitare “madre segreta” o “bimbi abbandonati” ed ecco la scoperta: l’Italia «è il Paese dei parti anonimi». E – pare – trattasi di un altro primato da dimenticare. Con «oltre 400 casi e un aumento del 20% ogni anno» gli abbandoni di bimbi (vivi) negli ospedali sono l’ennesimo dramma di cui ci siamo macchiati. Perché? Per un motivo su tutti, secondo il quotidiano (o almeno per il suo referente, Pilar Saradia, responsabile immigrazione della Uil del Lazio): le straniere, protagoniste indiscusse del fenomeno, «ignorano che l’aborto è legale, così la nascita non voluta è l’unica alternativa».
E qui – almeno secondo noi – occorre ricominciare da capo.   Dai numeri, intanto.
Parlare di oltre 400 abbandoni di bambini in ospedale (la fonte non è citata, ma è quella del ministero della Giustizia, che ogni anno stila un rapporto e che per il 2011 ha stimato i casi in 445) come di un “allarme” pare davvero eccessivo, almeno rispetto alle cifre registrate negli anni passati: per capirci meglio, lo stesso numero di oltre 400 è stato rilevato, per esempio, nel 1995, nel 1997, nel 2000, nel 2003, mentre negli intervalli di tempo i casi calavano, di volta in volta, a 300, 320, 340. Il fenomeno, in termini statistici, non ha disegnato cioè negli ultimi quindici anni una curva ascendente, ma s’è presentato piuttosto come disomogeneo.

Senza contare che le cifre ci vedono in una situazione decisamente migliore rispetto ai nostri vicini di casa: in Francia la media di casi di abbandono ogni anno si aggira attorno ai 600; in Germania attorno ai 100, ma in compenso sono quasi 10mila i bimbi tra i 3 e i 5 anni – come confermato dal ministero della Famiglia – lasciati soli da genitori “problematici”; in Russia una tragedia, con 100mila abbandoni ogni anno.

Quell’aumento del 20% non è poi affatto un dato nazionale o stabile. Si riferisce, in realtà, allo specifico caso di Roma e provincia, dove soltanto l’anno scorso s’è registrato – secondo il Policlinico Casilino – un numero “record” di abbandoni: 60 e tutti (pare) nella stessa struttura. Ebbene, negli ospedali di Milano e provincia, di Monza e di tutta la Brianza, l’anno scorso i casi sono stati 24 e si sono dimezzati rispetto a tre anni fa: a questa stregua, prendendo in esame solo Milano, dovremmo poter dire che gli abbandoni nel nostro Paese sono diminuiti del 50% (e non lo facciamo).

Ma anche ragionando in termini di persone, e non di numeri – come pure ad Avvenire piace fare –, qualcosa non torna. Quale “allarme” o “contraddizione” possono costituire 400 donne in gravissime difficoltà che invece di rinunciare a una gravidanza decidono di offrire un futuro alla vita che portano in grembo? E questo a costo dell’immenso dolore di vedersela “portare via”, quella vita. Un lutto che nei consultori, nei Cav e nelle sedi delle associazioni conoscono molto bene: «Si tratta di una sofferenza indicibile – spiega Marta Malinverno di Madre Segreta, il servizio “ad hoc” attivo dal 1996 grazie alla collaborazione tra Provincia e volontariato –, un evento che le segnerà tutta la vita».

Le madri segrete sono ragazze straniere, sì, ma non solo: sempre a Milano e provincia, per esempio, l’anno scorso erano 12 e 12. Identikit del tutto diversi: una minorenne, una decina tra i 18 e i 24, le altre sopra i 30. Motivazioni, pure, diversissime: familiari, psicologiche, economiche. Un solo punto in comune: «Nessuna si presenta in ospedale col desiderio di abortire, all’opposto – continua la Malinverno –. Ed è più facile che le madri segrete siano “disinformate” sui servizi di appoggio che esistono per la loro gravidanza che sull’aborto».

Servizi che rappresentano una conquista di civiltà per il nostro Paese. Come le 36 “culle per la vita” presenti sul territorio, i 10.070 bambini nati l’anno scorso nei 205 (dei 331) Centri di aiuto alla vita (una media di 49 bimbi “salvati” a struttura), le 14.614 donne gestanti assistite. E come i 2.600 consultori, le centinaia di servizi pubblici e privati che li appoggiano, le numerose iniziative delle amministrazioni territoriali a favore della maternità (dal progetto lombardo Nasko ai fondi inaugurati recentemente da Comuni come Modena e Correggio). Unico obiettivo: evitare l’aborto, che è una sconfitta per tutti, e che è l’unico vero allarme “trasversale” che si può lanciare nel Paese – questo sì – delle culle vuote. A causa di quella scelta, l’anno scorso, sono state 116mila in più.

Viviana Daloiso per “Avvenire” on line del 15 giugno 2011

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