Lectio al Vangelo di domenica 14 ottobre 2012.

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Vangelo: Mc 10, 17-30

Lectio

Contesto

Continua la sezione dell’insegnamento di Gesù ai discepoli, sottolineata anche dalla menzione che egli è in viaggio. Il testo odierno tratta il tema della ricchezza molto sentito dalla prima comunità e caratteristico del messaggio evangelico. Il brano si divide in tre parti: vv. 17-22 il racconto della chiamata del ricco; vv. 23-27 l’ammaestramento ai discepoli sulla ricchezza e infine vv. 28-30 il dialogo sulla ricompensa. Il tema della ricchezza è collegato dal redattore a quello della sequela di Cristo e gli interventi di Marco si vedono nel modo vivace in cui è condotto il racconto e da alcune ripetizioni in cui individuiamo i punti di sutura tra i preesistenti testi utilizzati dall’evangelista per costruire il suo racconto..

17. Mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».

L’evangelista ci ricorda che Gesù è in viaggio verso Gerusalemme, dove si compirà la sua missione; un tale, per ora non meglio identificato gli si fa incontro in modo piuttosto appariscente e riferendosi a lui con rispetto gli chiede come può ereditare le vita eterna. La domanda di quest’uomo esprime la speranza escatologica in una vita oltre la morte, che è dono di Dio, ma che prevede anche un impegno da parte dell’uomo.

18. Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.

 La risposta di Gesù ci lascia un po’ sorpresi e ha sempre dato dei problemi di interpretazione: perché Gesù rifiuta l’appellativo di buono? Il rimando è alla centralità del Padre nel pensiero di Cristo e forse velatamente, al fatto cha per chiamare Gesù buono si deve già credere che egli è il Messia.

19. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».

Il v. 19 chiarisce ulteriormente: la risposta alla domanda sulla vita eterna va posta a Dio e la risposta si trova nei comandamenti; Gesù ne cita solo alcuni relativi al rapporto con il prossimo, segno questo della vicinanza alla sensibilità del giudaismo ellenistico con una marcata impronta sociale. Non frodare fa riferimento a Dt 24,14 ed è nella stessa linea.

20. Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».

21. Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».

La risposta ci spinge a pensare che non si tratti di una persona troppo giovane (come dice il testo parallelo di Mt 19,20) e mette in luce con termini molti significativi i sentimenti di Gesù verso di lui (quello che viene tradotto con lo amò (agapesen) è un’espressione che prevede un gesto concreto di affetto e potrebbe essere reso con lo abbracciò o lo baciò). A sorpresa Gesù rivolge un invito al suo interlocutore, che riguarda il seguirlo e a dare tutti i suoi beni ai poveri. È evidente che la rinuncia ai beni è subordinata alla sequela di Gesù che è poi la vera risposta alla domanda del v. 17.  La proposta di Gesù ha un suo carattere specifico che la differenzia da tendenze coeve dello stesso genere. Seguire Cristo comporta una adesione personale a lui che è povero e porta la propria croce (vedi 8,34; in alcuni manoscritti il testo dice esplicitamente seguimi e prendi la (tua) croce).  Per seguire Gesù ognuno devo compiere una scelta radicale, incondizionata e seguire la propria vocazione con impegno e senza indugio, anche se poi le modalità sono diverse.

22. Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Nonostante l’inizio promettente il dialogo si conclude con un rifiuto da parte dell’uomo che lo esprime andandosene e mostrando la sua tristezza. L’evangelista aggiunge anche un motivo: la ricchezza che da spazio al seguito del brano.

23. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24. I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio!

Al racconto, dove il v. 21 costituisce un detto di Gesù, segue un insegnamento sulla ricchezza e sui pericoli che possono nascere da essa. Il discorso si allarga dal caso singolo descritto appena prima, a tutti i discepoli a cui Gesù si rivolge con un appellativo piuttosto raro (tékna) e che mette in luce i suoi sentimenti.  Giudicare in modo negativo le ricchezze si contrappone alla convinzione giudaica secondo cui esse manifestano la benedizione divina.  La seconda affermazione di Gesù poi sembra alludere ad altre difficoltà che possono impedire all’uomo di entrare nel regno di Dio.

25. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Questo versetto ha un carattere proverbiale ed è un autentico detto di Gesù; ne esiste anche la versione in cui il cammello (kamelos) è sostituito dalla gomena (kamilos, la grossa fune usata nella imbarcazioni).

26. Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27. Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Marco ripete lo sbigottimento dei discepoli che presentano a loro volta una domanda, simili a quella del v. 17. Gesù toglie l’angoscia del futuro rimandando all’azione gratuita di Dio; la sua risposta ha un rimando ad alcuni testi A. T. come Gb 42,2 (cfr. Gn 18,14 e Zc 18,6). A colui che segue Cristo è assicurata la grazia di Dio; al di sopra di tutto Gesù pone proprio la grazia di Dio, che elimina la debolezza umana e agisce proprio là dove finiscono forza e intelligenza dell’uomo. Possiamo vedere un riferimento a Mc 9,23 e dunque uno stretto rapporto tra fede e onnipotenza di Dio.

28. Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».

E siamo al terzo segmento della pericope, introdotto dalla domanda di Pietro; la nuova tematica è introdotta da Marco per associazione (alla parola sequela e vita eterna), e si occupa di temi molto cari all’evangelista. L’affermazione del discepolo acquista maggior forza poiché si pone in contrasto con l’atteggiamento dell’uomo ricco. Qui a differenza che in Mt 19,27 Pietro non chiede una ricompensa.

29. Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30. che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Gesù invece di una risposta fa una promessa, che è vicina ad alcuni contesti del tempo di tipo giudaismo ellenistico e apocalittico, ma si differenzia per la motivazione: il discepoli soffre a causa di Gesù, nella fedeltà a lui. La separazione dai parenti può avere diversi motivi ed è interessante notare che è Dio che dà la ricompensa, non Gesù. Rispetto ai testi paralleli di Matteo e Luca, troviamo nel testo due aggiunte, la citazione del vangelo e l’inciso sulle persecuzioni. Quest’ultima è legata alla dissezione chiara di due tempi: il presente e quello futuro (distinzione che in Marco appare solo qui). L’attesa o la promessa è insieme un dovere per la comunità che deve realizzare la fratellanza che le è stata affidata: è in questa comunione dei fratelli infatti che si verifica il centuplo di fratelli, sorelle, ecc.

Il v. 29 è molto probabilmente un loghion di Gesù stesso, anche perché nel vangelo abbiamo spesso la menzione di distacchi famigliari a causa di lui.

Questi ultimi versetti, collegati ai vv. 23-27 sono intesi come un approfondimento per far capire ai discepoli, che già sono entrati nella sequela di Cristo, che le rinunce che questa comporta non sono per loro stessi, ma devono spingerli ad una comunione nuova, una fraternità. Il peggior impedimento per la crescita della comunità sarebbe che alcuni si ritenessero migliori; tutti devono vivere facendo affidamento sulla grazia di Dio e contribuire a fondare la solidarietà della grande comunità della chiesa.

Meditiamo

1) Come rispondo alla chiamata personale che Gesù mi rivolge?

2) Qual è il mio rapporto con i beni della terra?

3) Come vivo la comunione nella mia chiesa particolare, nella mia parrocchia o comunità?


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