Web liturgia: Catechisti e fanciulli alla Messa; ministro dell’evangeliario; ansia celebrativa; giaculatoria di Fatima nel S. Rosario; “la benedetta”.

Don Antonio Sorrentino  risponde oggi alle domande di: Antonio ed Alessandro. Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA, basta cliccare qui.

Antonio N. ha chiesto: Caro don Antonio, le catechiste per la prima comunione eucaristica espongono una difficoltà molto comprensibile: partecipando alla Messa, a cui sono presenti sia gli adulti che i ragazzi dei loro gruppi, non riescono né a concentrarsi, né ad ascoltare con la dovuta attenzione la Parola di Dio e né a vivere bene gli altri momenti della celebrazione, perché sono impegnati a stare accanto ai ragazzi per evitare che parlino tra loro, che si distraggano, che creino confusione. Si è pensato ad una soluzione: che partecipino ad un’altra Messa oltre a questa per partecipare all’Eucaristia con raccoglimento.  Lei cosa ne pensa? Una seconda domanda per capire meglio, alla luce del n. 194 dell’OGMR dove è scritto che: Nella processione all’altare, in assenza del diacono, il lettore, indossata una veste approvata, può portare l’Evangeliario un po’ elevato, se l’accolito istituito in assenza del diacono e di un lettore istituito può portare l’Evangeliario nella processione d’ingresso. Oppure se è opportuno evitare per sottolineare il suo servizio all’altare. Se fosse così, in assenza del diacono e in presenza di un accolito e di un concelebrante, nella processione d’ingresso è bene che l’Evangeliario sia portato dal concelebrante o da colui che presiede?

Don Antonio risponde:

  1. È molto formativo che i catechisti partecipino coi loro fanciulli alla celebrazione comunitaria dell’Eucaristia, sia per dare testimonianza che siamo tutti famiglia di Dio, convocati per far festa con il Signore, sia per educare pazientemente i fanciulli a partecipare alla liturgia. Come quando si fa festa in famiglia, bambini e fanciulli non ne vengono esclusi, così anche la domenica è bene che essi vengano educati gradualmente e pazientemente a partecipare alla celebrazione con attenzione e devozione. Evidentemente è necessario formarli con incontri ed esperienze di preghiera in altri momenti, soprattutto  catechetici, in modo da evitare interventi continui e distraenti nel corso della Messa. Svolgendo questo delicato compito, i catechisti non si facciano scrupolo di dover partecipare a una seconda Messa per soddisfare il precetto. Se lo fanno per maggior frutto spirituale, sono davvero da lodarsi. Perciò il Concilio insegna che dobbiamo santificarci non “nonostante quello che facciamo”, ma proprio “con quello che facciamo” (cfr. PO, n. 12)
  2. Nella liturgia vale il principio sancito dal Concilio (SC 28) e ripreso dall’OGMR al n. 91, secondo il quale “ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza”. Però lo stesso OGMR ai nn. 208.171.253 prevede che un  ministro superiore può fare ciò che compete a uno inferiore: ad es., che un concelebrante svolga quello che compete al diacono assente, oppure che il diacono faccia anche da turiferario (se non c’è), o anche che, in assenza di un accolito, dei ministranti portino al croce e i candelieri. Nel caso specifico, in mancanza di un diacono o di un altro ministro e anche di un ministrante, l’evangeliario può anche essere portato da un concelebrante, ma non dal presidente. Infatti, se non c’è neanche un  minimo di ministerialità, a che serve quel gesto così solenne, proprio di celebrazioni importanti?

Alessandro S. scrive: Rev. mo don Antonio,

le chiedo un consiglio sull’atteggiamento da avere durante una celebrazione. Spesso si vive la preoccupazione di sbagliare alcune cose, ad esempio se fare o no la genuflessione, fare o no un inchino, aggiungere oppure no una preghiera, e altro simile. Si vive tutto questo per la preoccupazione di fare cose sbagliate in sé e di dare un cattivo esempio per l’assemblea.
Lei cosa pensa di tutto ciò?

Vorrei avere un chiarimento sulla giaculatoria insegnata ai tre pastorelli dall’Angelo. Si possono aggiungere O – mio – divina nei punti sottolineati “ O Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci … della tua divina misericordia? Mi sembra che manchino nel testo ufficiale.

Infine è per una regola grammaticale che l’articolo “la” non va aggiunto a “benedetta” nell’Ave, o Maria

Don Antonio Sorrentino risponde:

  1. Dobbiamo celebrare e pregare con serenità, consapevoli che stiamo davanti al Signore, il quale non è un tiranno o un regista severo, che giudica esteticamente i nostri gesti e le nostre parole. Affinché ciò avvenga, poiché “la celebrazione eucaristica è l’atto più importante della comunità” (OGMR n.  22), è bene che tutto sia preparato con serietà, d’accordo con i vari ministri della celebrazione, in modo da evitare sorprese e ansie  (siamo sempre “in diretta”), che possono distrarre anche i fedeli. Fede e rispetto della liturgia esigono un “no” deciso alla improvvisazione (cfr. OGMR n. 352). Pertanto: serietà nella preparazione, serenità nella celebrazione.
  2. Nel libro Appelli la veggente Lucia riporta la giaculatoria insegnata dalla Madonna dopo la visione dell’inferno, alla fine dell’apparizione del 13 luglio 1917: “O mio Gesù, perdonaci, liberaci dal fuoco dell’inferno; porta in cielo tutte le anime, specialmente quelle che ne hanno più bisogno”. Questo è il testo originario. Però anche in portoghese questa giaculatoria è stata diffusa in modi diversi. “Le anime che più hanno bisogno”  solitamente sono interpretate quelle del purgatorio. Pertanto, la versione più diffusa sembra la seguente: “O Gesù, perdona le nostre colpe. Preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia” (cioè: senza “mio” e senza “divina”).
  3. La versione ufficiale dell’Ave Maria non riporta l’articolo “la” prima di “benedetta” ed è bene non aggiungerlo per uniformità nella preghiera. In realtà, nel testo originale greco, “benedetta” non è un aggettivo o un participio sostantivato, ma un participio perfetto passivo, che indica un’azione compiuta nel passato, il cui effetto, però, dura nel presente, e ha anche un  valore superlativo, quasi a dire “benedettissima”, con senso anche di stupore esclamativo.

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