Web Liturgia: evitiamo infantilismi; gli ex voto; adorazione;domenica delle palme; “De minimus non curat praetor”

Don Antonio Sorrentino  risponde oggi ai quesiti di Giovanni ed Andrea.

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  • Giovanni chiede a don Antonio. Il 3 luglio anch’io ho mandato dei quesiti le cui risposte non sono state pubblicate. Invio di nuovo il testo: Caro don Antonio, spesso ho sentito alla conclusione del S. Rosario recitato al mattino una preghiera che inizia così: Buon giorno, Madonnina mia… E’ corretto rivolgersi alla Beata Vergine Maria augurandole il “Buon giorno”? E’ opportuno usare il titolo di Madonnina mia? Lei ci ha insegnato, se ho compreso bene, che quando al termine della Messa si espone il Santissimo Sacramento, mentre il celebrante lo incensa inginocchiato dopo l’orazione post-communio i fedeli stanno tutti in ginocchio. Il Giovedì Santo invece quando il sacerdote incensa in ginocchio il Santissimo che è sull’altare tutti i fedeli restano invece in piedi, mentre quando il celebrante incensa in ginocchio la pisside nel luogo della Riposizione, tutti si inginocchiano. Le chiedo: perché l’atteggiamento dei fedeli quando il sacerdote incensa il Santissimo che è sull’altare è diverso il Giovedì santo (restano in piedi) rispetto a quando lo si espone per l’adorazione eucaristica (stanno in ginocchio)? Infine: potrebbe spiegarmi il significato degli ex-voto? Perché si chiamano in questo modo? E’ bene che stiano in chiesa accanto alle immagini dei santi, di Gesù e Maria?Cordiali saluti.

Don Antonio risponde a  Giovanni

1. Per le preghiere private c’è maggiore libertà, tuttavia si evitino infantilismi e sdolcinature. Sant’Alfonso, che pure usava un linguaggio molto affettuoso con Gesù e con la Madonna, non ha mai sostituito il saluto biblico “Ave (o “rallegrati”) Maria” con un banale “Buon giorno”!

2. Il SS.mo Sacramento viene esposto per l’adorazione: e questa viene espressa soprattutto con lo stare in ginocchio. Anche a fine Messa “In Coena Domini” del Giovedì Santo i fedeli stanno in ginocchio quando il sacerdote incensa il SS.mo, come pure quando il SS.mo viene posto nella custodia e viene incensato di nuovo dal sacerdote (Messale Romano, pp. 143-144).

3. “Ex-voto” è un’espressione latina, che significa “per voto”. L’ex-voto può essere un oggetto in metallo (argento, oro) riproducente spesso la parte del corpo guarita, oppure un disegno che riproduce il fatto nel quale si pensa ci sia stato l’intervento decisivo soprannaturale, o anche una ciocca di capelli, un oggetto (un orologio, una catenina, una siringa…). Gli ex-voto vengono offerti in ringraziamento per il soccorso ricevuto. Ne vediamo nei Santuari d’Italia. A volte riempiono intere pareti di chiese o di corridoi adiacenti a dire la fede e la gratitudine degli offerenti.

Se non hanno un valore artistico o storico rilevante – previa autorizzazione del vescovo – potrebbero anche essere venduti per esigenze del culto o per opere di carità, come esortava autorevolmente Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Sollicitudo rei socialis” (n. 31) citando San Giovanni Crisostomo e Sant’Ambrogio: “Fa parte dell’insegnamento e della pratica più antica della Chiesa la convinzione di essere tenuta per invocazione ad alleviare la miseria dei sofferenti vicini e lontani, non solo con il ‘superfluo’, ma anche con il ‘necessario’. Di fronte a casi di bisogno, non si possono preferire gli ornamenti superflui delle chiese e le suppellettili preziose del culto divino: al contrario, potrebbe essere obbligatorio alienare questi beni per dare pane, bevanda, vestito e casa a chi ne è privo”.

  • Andrea F. chiede a don Antonio Anch’io ho “subito la stessa sorte” di coloro che non hanno ricevuto la risposta… Scherzi a parte, ecco il testo della domanda del 18 luglio: Carissimo don Antonio,il Messale Romano per la Domenica delle Palme a pag. 114 al n 1. scrive: … in tutte le Messe si fa la memoria di questo ingresso del Signore: con la processione (I) o con l’ingresso solenne (II) prima della Messa principale, oppure con l’ingresso semplice (III) prima delle altre Messe. L’ingresso solenne, ma senza processione, si può ripetere prima di altre Messe con grande concorso di fedeli. Le chiedo: è possibile in tutte le Messe, compresa quella vespertina del sabato, iniziare invitando i fedeli a portare in mano i rami di ulivo e benedirli, proclamare il Vangelo dell’ingresso del Signore e recitare la colletta? Se fosse possibile, sarebbe anche consigliabile? Durante la proclamazione del Vangelo i ministranti che tengono in mano i candelieri è bene che si facciano il segno della croce sulla fronte, sulle labbra e sul petto? Infine: alcune volte lei ha citato un detto: “De minimis non curat praetor”. Qual è la traduzione in italiano di questa espressione? Perché è adatta nella liturgia? Grazie per la sua disponibilità.

Don Antonio Sorrentino risponde ad Andrea:

1. La domenica delle Palme o della passione del Signore è caratterizzata dalla benedizione e processione delle palme in onore di Cristo che va a soffrire per amore e dalla lettura della passione del Signore scritta da un Sinottico. La benedizione con la processione da un luogo o chiesa distante dalla chiesa parrocchiale si può fare una sola volta, alla Messa principale. Alle altre Messe con concorso di popolo,  (compresa quella anticipata al sabato sera), si può fare la benedizione delle palme davanti alla chiesa parrocchiale e la processione con i ministranti e pochi fedeli all’interno della chiesa (Messale romano, p. 114, n.1).

2. “De minimus non curat praetor” significa: “il giudice non bada alle minuzie”, ma a cose ben più importanti. Così nella liturgia, pur senza cadere nella sciatteria e nella superficialità, tuttavia non bisogna farsi problemi inutili e scrupoli su cose d’infima importanza. Ad esempio: come possono fare il segno di croce i ministranti che hanno le mani occupate nel sorreggere i candelieri? Quando occorre decidere su gesti e interventi non esplicitamente previsti dalle rubriche, ci si regola facendo riferimento a principi generali e a un po’ di ragionevolezza e di buon senso!

Nella foto in alto ex voto esposti nella chiesa di San Domenico in Acquamela di Baronissi (SA).

 

 

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