Fare il catechista non è un lavoro ma una missione

ùMessaggio ai partecipanti al primo Simposio Internazionale sulla Catechesi avviato ieri a Buenos Aires, presso la Pontificia Università Cattolica argentina

Non è un «lavoro» e neanche «un’attività esterna alla persona»: essere catechista è una «missione», «una vocazione di servizio nella Chiesa» intorno alla quale gira tutta la vita. Lo ricorda Papa Francesco nel messaggio ai partecipanti al primo Simposio Internazionale sulla Catechesi avviato ieri fino a venerdì 14 luglio, a Buenos Aires, presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università Cattolica argentina.
Nella sua lettera, indirizzata a monsignor Ramón Alfredo Dus, arcivescovo di Resistencia e presidente della Commissione episcopale di Catechesi e Pastorale biblica, Bergoglio ricorda il compito principale di ogni catechista: annunciare il «kerygma» che è «il dono che gli ha cambiato la vita». «Questo – sottolinea – è l’annuncio fondamentale che deve risuonare più e più volte nella vita del cristiano, soprattutto in quello che è chiamato a proclamare ed insegnare la fede».
Di qui un invito a sostenere la religiosità popolare: «È necessario prendersi cura di tutto il potenziale di misericordia e di amore» che essa racchiude «non solo per la trasmissione dei contenuti della fede, ma anche perché si possa creare una vera scuola di formazione in cui si coltivi il dono della fede ricevuto, in modo che gli atti e le parole riflettano la grazia di essere discepoli di Gesù». Il catechista, aggiunge il Pontefice, «cammina da e con Cristo, non è una persona che parte dalle proprie idee o gusti, ma è in cerca di Lui, di quello sguardo che infiamma il cuore».
In tal senso i catechisti sono chiamati ad essere «creativi», esorta Bergoglio, a mettersi alla ricerca di «differenti modi e mezzi» per annunciare il messaggio di Cristo e renderlo «più vicino, anche se è sempre lo stesso». Perché «Dio non cambia, ma rinnova tutte le cose in esso». Inoltre, raccomanda il Papa, «nella ricerca creativa per far conoscere Gesù non dobbiamo avere paura perché egli ci precede in questo compito. Lui è già nell’uomo di oggi, e lì ci aspetta».
Da redazione Vatican Insider

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