Web Liturgia: "cinquantina pasquale"; cantare dopo aver ricevuto la comunione; Via Crucis cantata … Cosa significa deh! ?

Buona Pasqua a quanti visitano questo sito, alle loro comunità e alle loro famiglie.

Don Antonio Sorrentino

Don Antonio Sorrentino  risponde oggi alle domande di: Maria Rosaria e Claudia.   Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA, basta cliccare qui.

Mariarosaria L. scrive: Carissimo don Antonio, è bene che i fedeli dopo aver ricevuto la S. Comunione non cantino più? Rivolgo questa domanda perché mi sembra normale che coloro che hanno ricevuto il Corpo di Cristo non cantano, sia perché materialmente non possono e sia per ringraziare il Signore subito dopo essersi comunicati. Le chiedo anche: perché quando si legge il Passio, il sacerdote celebrante, gli altri sacerdoti e i diaconi che hanno proclamato non baciano il Vangelo come si fa in ogni Messa? Oppure è bene baciarlo? Infine, i rami di ulivo benedetti possono essere messi dalle famiglie sull’esterno della porta di casa? Penso che sia una significativa espressione di fede, edificante anche per coloro che salgono e scendono per le scale di un palazzo. Lei cosa ne pensa? E’ possibile ricevere le risposte, o soltanto le ultime due, anche solo qualche giorno prima della Domenica delle Palme?

Don Antonio Sorrentino risponde:

  1. C’è una norma di galateo che vieta di parlare (e cantare!) con il cibo in bocca. Evidentemente, appena ricevuta l’Eucaristia, al si consumi e la si adori con fede, e poi ci si unisca ala canto del coro e/o dell’assemblea. Ma è prevista anche una pausa di silenzio per l’adorazione e per la preghiera personale.
  2. È buona cosa, qual segno di fede e augurio di pace, mettere un ramoscello di ulivo benedetto sulla porta di casa.
  3. La proclamazione della passione di Gesù, anche nella sua forma dialogata, per antica tradizione è austera: infatti, non si usano né ceri né incenso né saluto iniziale né segni di croce sul libro e sulla persona né bacio del libro alla fine. Però si conclude regolarmente con l’acclamazione “Parola del Signore – Lode a te, o Cristo” (Messale Romano, n. 23, p. 122).

Claudia F. scrive: Carissimo don Antonio, le chiedo un consiglio spirituale.
Quando si fa genuflessione al tabernacolo durante la S. Messa, oppure durante una qualsiasi celebrazione liturgica o anche quando ci si trova in chiesa da soli, è opportuno esprimere in cuor proprio l’adorazione verso il Signore dicendogli ad esempio: Ti adoro, ti amo? Oppure è bene compiere la genuflessione pensando solo al significato di questo gesto senza recitare preghiere personali, in particolar modo quando si sta partecipando ad una celebrazione già caratterizzata da preghiere? Un’altra domanda: in tutti i 50 giorni del tempo di Pasqua nelle Messe dei giorni feriali, è bene usare sempre l’incenso all’inizio della celebrazione per incensare l’altare, il crocifisso ed il cero pasquale? Il cero pasquale va incensato prima o dopo il crocifisso? O dipende dalla sua collocazione? Infine le domando: quando si celebra la Via Crucis si canta: Santa Madre, deh! Voi fate … Cosa significa deh! ?

Don Antonio Sorrentino risponde:

  1. La genuflessione è sempre un gesto adorante, carico di fede e di amore. Tanto meglio se viene accompagnata da un preghiera sussurrata o da un palpito affettuoso; senza farsene tuttavia un assillo, soprattutto nel corso di una celebrazione, che è già tutta un clima di preghiera. Il Signore ci vuole sereni.
  2. È vero che la cinquantina pasquale è come un giorno prolungato della Pasqua, per cui il tempo pasquale è particolarmente gioioso. Però la stessa liturgia insegna che è bene mantenere la differenza tra la celebrazione della Pasqua settimanale e quella dei giorni feriali. Il cero pasquale, segno di Cristo crocifisso e risorto, in questo tempo è collocato preferibilmente accanto all’ambone (“monumentum resurrectionis”), come documenta la bella tradizione dei grandiosi candelabri pasquali del Medioevo a S. Paolo in Roma, nei duomi di Palermo, Salerno, Ravello, Badia di Cava. Il cero pasquale va incensato con tre tiri doppi quando vi si passa davanti.
  3. Quella parolina “deh”, molto usata un tempo nella lingua italiana soprattutto nelle preghiere e nell’arte retorica, è una interiezione che rafforza la preghiera.

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