Doping, allarme giovani…ma è papà che lo chiede

Quattro arresti e 54 indagati per doping. È questo il bilancio dell’operazione ‘Anabolandià dei carabinieri del Nas di Bologna. Dalla mattinata i militari stanno eseguendo, in Emilia Romagna, Lombardia e Marche, 6 misure cautelari disposte dal Gip del Tribunale di Rimini a carico di un’associazione per delinquere finalizzata a favorire la prescrizione, l’approvvigionamento e l’assunzione di farmaci dopanti.

Tra i destinatari delle misure un medico sportivo di Rimini, che prescriveva e procacciava ‘doping’ ad atleti, professionisti e non, anche minorenni, del calcio, basket, atletica leggera, ciclismo, triathlon, pattinaggio, tennis, etc.; tre dirigenti ed informatori scientifici di una nota azienda farmaceutica lombarda, che assicuravano la fornitura dei farmaci dopanti ad un prezzo scontato e la consegna agli assuntori di una speciale strumentazione necessaria per la somministrazione.

Emerge il ruolo dei genitori nel reperire sostanze dopanti per i figli atleti, anche minorenni, nell’operazione “Anabolandia” dei carabinieri del Nas di Bologna. Nell’ordinanza del Gip di Rimini Sonia Pasini ci sono almeno tre casi di questo tipo. Ad esempio c’è il caso di un genitore che si dava da fare per portare dal medico sportivo Vittorio Emanuele Bianchi, attorno a cui ruota tutta l’operazione antidoping, i suoi figli tennisti, entrambi minori.

Secondo l’ordinanza il medico nel giugno 2009 prescriveva con la complicità e  su sollecitazione del padre dei tennisti, ad uno Stanozololo, un anabolizzante, e Gonasi, che stimola la produzione di testosterone, non giustificati da condizioni patologiche; all’altro, oltre Stanazololo e Gonasi, anche Omnitrope, un ormone della crescita.

Stesso copione nel caso di un ciclista under 23 (allora ventenne) accompagnato dal padre nel giugno 2009 dal medico. Al giovane venne prescritta una terapia dopante a base di Andriol (cioè testosterone), Gonasi e Synachten (ormone che stimola il cortisolo). Su richiesta di padre e figlio poi il medico spiegò indicazioni sui tempi di sospensione della terapia per evitare la positività ai controlli antidoping.

E ancora c’è la vicenda del padre che, nel luglio 2009, ha una figlia ciclista professionista, allora ventunenne, e un figlio ciclista amatoriale, allora ventisettenne. Alla figlia sarebbe stata data l’epo, al figlio testosterone. Il padre nei dialoghi con il medico si preoccupava di come nascondere i farmaci prescritti, perchè avendo in casa la figlia professionista non voleva rischi. Alla fine decisero di tenerlo fuori all’esterno dell’abitazione.

Ma non solo genitori: nell’inchiesta c’è anche un’atleta master campionessa del mondo dei 400 a ostacoli a cui il medico avrebbe prescritto stanazolo, testovis, andriol, tutti anabolizzanti androgeni, e ormoni della crescita. Il marito, anche lui medico, oltre ad accompagnarla da Bianchi, si sarebbe impegnato per trovare alla moglie dell’ormone della crescita a prezzi contenuti. Nelle intercettazioni emerge anche che il marito ha intenzione di fare seguire anche il figlio di 17 anni, che pratica atletica leggera, da Bianchi.

Nelle maglie dell’inchiesta, tra i tanti atleti che ci sono finiti, anche Luca Verdecchia, in forza alle Fiamme Oro, azzurro della staffetta 4×100 di atletica leggere (era seguito dal medico e in una conversazione – secondo le indagini – appariva chiaro che la terapia a cui i due facevano riferimento comportava l’assunzione di sostanze dopanti) e Mauro Guenci, campione del mondo di pattinaggio a rotelle detentore di nove record del mondo, a cui sarebbe stato prescritto Ormone della crescita con una ricetta a falso nome.

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