L’Arcangelo Michele nella Sacra Scrittura

Riceviamo e pubblichiamo integralmente questo lavoro di don Marcello Stanzione.

L’ARCANGELO  MICHELE  NELLA  SACRA  SCRITTURA

 Di don Marcello Stanzione

Il nome Michele (Mikael) è l’espressione di tutta una frase ebraica che è composta da queste tre parti: Mi-Kha-El = Chi (è) come Dio? Che può essere definito come un urlo di battaglia in difesa dei diritti dell’Onnipotente Iddio. Nella nostra analisi considereremo solo i passi canonici della Bibbia dove è esplicitamente riportato il suo nome, per cui non analizzeremo gli altri brani della Bibbia dove non si parla esplicitamente dell’Arcangelo né gli scritti apocrifi. Il nome Michele appare cinque volte nella Sacra Scrittura e per la precisione tre volte nell’Antico Testamento, sempre nel Libro di Daniele e 2 volte nel Nuovo Testamento (Giuda e Apocalisse). Analizziamo brevemente questi cinque testi:

: Daniele 10, 13: “Ma il principe del regno di Persia mi si è opposto per ventun giorni: però Michele, uno dei primi principi, mi è venuto in aiuto ed io l’ho lasciato là presso il principe del re di Persia”; e un po’ più giù nello stesso capitolo.

: Daniele 10, 20-21: “Sai tu perché io sono venuto da te? Ora tornerò di nuovo a lottare con il principe di Persia, poi uscirò ed ecco verrà il principe di Grecia. Io ti dichiarerò ciò che è scritto nel Libro della Verità. Nessuno mi aiuta in questo se non Michele, il vostro principe, ed io, nell’anno primo di Dario, mi tenni presso di lui per dargli rinforzo e sostegno”;

: Ancora nel profeta Daniele 12, 1: “Ora in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo”. Il Libro del profeta Daniele è un’opera di taglio apocalittico dell’Antico Testamento (databile verso il 165 a.C., o in ogni caso prima della morte di Antioco Epifane), cioè è segnato da immagini accese e veementi e dai fremiti di attesa per il giudizio divino definitivo sulla storia dell’umanità e sulle sue ingiustizie. Nei passi citati, Michele è definito come “il gran Principe”, e questo titolo è da connettere alla sua collocazione nell’Assemblea della Corte celeste, ove gli Angeli sono raffigurati in varie gerarchie. Il compito di Michele, che è “uno dei primi Principi”, è quello di essere a capo spirituale di Israele, suo protettore dall’alto. Tutte le nazioni, infatti, hanno un loro Principe angelico, anche quelle pagane: nella stessa pagina si parla, infatti, del “Principe del regno di Persia”, l’Angelo che sovrintendeva dal cielo alle azioni di quel re ed alle vicende del suo impero. Con queste presenze angeliche soprannaturali, la Bibbia ci vuole ricordare che la storia non è solo in mano ai principi terreni e alle loro manovre politiche; vi è una finalità più alta, che Dio conduce attraverso i suoi Angeli. Riguardo al patronato di san Michele sul popolo ebraico, Frank Duff, il fondatore della Legio Mariae scrive: “Nell’Antico testamento egli era il patrono di quel popolo eletto, un fatto cui di rado si fa attenzione. Quando la Chiesa prese il posto della Legge ebraica, San Michele fu trasferito al nuovo popolo eletto, la Chiesa di Cristo. Questo ci porta a chiederci quale sia il rapporto di san Michele con gli Ebrei di oggi. Certamente non è pensabile che egli li possa dimenticare. Una madre non dimenticherà suo figlio, anche se il figlio si perde su cattive strade. Né potrebbe San Michele, il cui amore è come quello di un migliaio di madri, dimenticare il popolo di cui è stato così solennemente designato come custode dall’inizio della loro storia. Perciò quelli di voi che si occupano degli Ebrei dovrebbero ricordarselo particolarmente. Subito dopo Maria l’Ebrea e Giuseppe l’Ebreo, dovrebbero rivolgersi al potente Michele per chiedere aiuto nei loro sforzi”.

: Nel Nuovo Testamento, Michele è citato nella Lettera di Giuda (8-10) (che viene normalmente datata verso gli anni 80-90 d.C.): “Ugualmente anche questi negatori contaminano la carne, disprezzano la sovranità, ingiuriano (gli angeli) della gloria. E invece lo stesso arcangelo Michele, quando disputava col diavolo il cadavere di Mosé, non osò pronunciare un giudizio oltraggioso, ma disse: Ti punisca il Signore. Costoro invece oltraggiano ciò che non conoscono”. In questo passo, Michele si scontra col diavolo per strappargli il corpo di Mosé, appena deceduto: questo brano della Lettera di Giuda è l’eco di un’antica tradizione giudaica riferita da un’opera apocrifa (e quindi non appartenente alla Bibbia canonica), intitolata “Assunzione di Mosé”, a cui alludono vari Padri come per esempio Clemente Alessandrino e Origene, ma che è andata perduta. Nella Lettera di Giuda si afferma quindi che il giusto, anche nella morte, è protetto dal Signore attraverso il suo Angelo, che strappa il fedele a Satana, principe infernale. Persino in questa disputa per impadronirsi del corpo di Mosé, l’arcangelo Michele non osò profferire contro Satana un giudizio oltraggioso, preferendo lasciare a Dio il compito di giudicare. Michele rispettava talmente la dignità angelica originaria anche del demonio che, di fronte a lui trattenne un insulto, lasciando il giudizio a Dio. i maestri dell’errore, invece, fanno l’esatto contrario: presumono di sé, giudicano la Parola di Dio, preferiscono i loro sogni alla tradizione. Michele invece non ebbe la stoltezza  neppure di giudicare Satana, costoro invece arrogantemente si sostituiscono a Dio, anteponendo i giudizi personali a quelli della Tradizione apostolica. Michele invece è l’esatto contrario dell’arroganza.

: Ma il testo più affascinante in cui compare il nome di Michele è senza dubbio il capitolo dodicesimo dell’Apocalisse, per la precisione Apocalisse 12, 7-9,:”Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatté insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli”. La breve descrizione della battaglia in cielo è seguita da un inno di lode che rilegge cristologicamente la battaglia avvenuta in alto: “Infatti l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava giorno e notte presso Dio, è stato scacciato. Lo hanno vinto mediante il sangue dell’Agnello, in forza della loro testimonianza: hanno saputo disprezzare la loro vita sino alla morte” (Apocalisse 12, 10). Il trionfo di Michele sul male è stato possibile mediante il sangue di Cristo. La battaglia di Michele diventa la proiezione all’indietro e in alto di quella di Gesù. Michele è quindi il paladino di Cristo perché si parla del dragone e dell’arcangelo all’interno di un discorso che vuole esaltare la vittoria di Cristo. Michele, inoltre, è anche paladino di Maria perché egli sferra un attacco contro il drago rosso (il colore del sangue versato dalla violenza) con sette teste coronate e dieci corna, simboli del potere oppressivo, e lo fa per difendere la Donna e il Figlio da lei appena partorito, immagine del popolo di Dio e della Chiesa, nella quale è presente il Cristo (la Tradizione vi vedrà Maria, la Madre di Gesù). Sant’Agostino scrive che: “Benché sia il principe della corte celeste, san Michele è il più sollecito nell’onorare Maria e nel farla onorare, sempre pronto in attesa di avere il privilegio di accorrere, ad un suo cenno, in aiuto di un suo servo”.

Ancora il dragone dell’Apocalisse è caratterizzato da una sconfitta già avvenuta in cielo, una sconfitta definitiva. Non è descritta la ragione dello scontro. Il dragone e Michele rappresentano due modi differenti di porsi davanti a Dio: l’uno – quello di Satana – è l’atteggiamento di chi vuole sostituirsi a Dio (così il serpente nel racconto di Genesi 3,5), Michele è invece colui che proclama che solo Dio è Dio. Infatti, come già abbiamo detto, il nome Michele significa “Chi è come Dio?”. Cioè Michele è l’esatto contrario della figura di Satana. Dobbiamo ricordare, se vogliamo comprendere con più esattezza il significato dell’epica battaglia che si è svolta in cielo, la stretta corrispondenza, tipica del genere letterario apocalittico, fra l’alto e il basso. Ciò che avviene in alto ha il suo corrispondente in basso, ciò che avviene in basso ha il suo corrispondente in alto. Attenzione però la corrispondenza non è alla pari: in alto tutto è già deciso e concluso, in basso tutto è ancora in svolgimento. L’alto indica la conclusione anticipata di ciò che in basso ancora non è concluso. Guardando in alto, perciò, l’uomo può vedere in anticipo la conclusione delle cose che continuano ad accadere in basso, per cui il demonio sa che dovrà essere sconfitto e l’arcangelo Michele sa, come dicono numerosi santi e mistici cattolici, di essere il vittorioso angelo  degli ultimi tempi. A noi umani tocca la libera scelta con chi schierarci.

La grande mistica svizzera Adrienne Von Speyr, commentando questo brano dell’Apocalisse scrive: Il grande dragone combatte il grande angelo, e gli angeli del seguito del dragone contro quelli del seguito di Michele. Non è Dio che si abbassa nel combattere personalmente contro il diavolo; egli designa per questo un angelo che è dello stesso rango del dragone. Se si considerano le forze in campo, le possibilità di vittoria sono uguali. E la lotta si svolge in pieno cielo, in presenza di Dio. non si vede dapprima che l’aspetto negativo: il dragone non riporta la vittoria, egli non ha più alcun posto in cielo. E’ gettato fuori dal cielo con i suoi, ed il vuoto nel cielo non è colmato. La caduta dal cielo, che è poi commentata dalla voce, significa la fine del potere di Satana davanti a Dio, come pure l’annuncio della salvezza. Non solamente la salvezza della Donna, ma la vittoria della potenza di Dio e del suo regno, che è stata stabilita dall’obbedienza del Figlio.

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