Lettera di un "sacerdote"… don Antonio Romano

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera aperta al clero e ai fedeli della Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno e agli amici tutti, da parte di don Antonio Romano.

La Missione della Chiesa, la Chiesa delle missioni

Amici cari, carissimi confratelli, salute e pace a tutti nel Signore nostro, Gesù Cristo. Come molti di voi sanno e hanno potuto constatare, sono stato in Italia per un periodo di poco più di due mesi per controlli medici e per un piccolo periodo di riposo.
In questo lasso di tempo ho avuto modo di rivedere l’Arcivescovo, tanti confratelli e amici, che mi hanno dimostrato il loro affetto e sostegno in diversi modi. Volevo, dunque, cogliere l’occasione di questa lettera per ringraziare tutti e per una piccola, permettetemi, esortazione missionaria.
Ringrazio, innanzitutto, Mons. Moretti per la fiducia accordatami, confermandomi per altri tre anni come Fidei Donum in Congo in compagnia dei Padri Saveriani, che ringrazio vivamente. Lo ringrazio anche per l’affetto e il sostegno dimostratomi in tutte le occasioni, in cui ci è stato possibile incontrarci e conversare un po’ sulla realtà congolese.
Ringrazio i tanti confratelli amici, che hanno voluto che passassi nelle loro Comunità per raccontare e portare la mia povera esperienza missionaria, che Dio ha voluto concedermi. E’ stato per me un grande piacere essere stato invitato da tanti di loro ed essere riuscito ad andare dappertutto nonostante il poco tempo a disposizione. Dio gli renderà merito per la loro sollecitudine missionaria e per la vicinanza dimostratami.
Ringrazio i tanti amici e amiche delle diverse Congregazioni religiose, maschili e femminili, che, come sempre, ho rivisto con piacere e con i quali ho avuto modo di passare del tempo in preghiera e in compagnia, sicuri dell’unica Missione della Chiesa, che si realizza attraverso i tanti e diversificati carismi, che il Signore ispira e dona ad ogni famiglia religiosa.
Ringrazio pure tutti gli amici di tante Associazioni e Movimenti e Gruppi, che pure ho potuto incontrare o solamente sentire per telefono. La ricchezza della Chiesa passa anche e soprattutto attraverso di essi, nel momento in cui si aprono all’amore di Dio nell’obbedienza alla Chiesa, di cui sono figli, e di cui, quindi, si prendono cura, vivendo la loro Missione di evangelizzatori nelle loro parrocchie, accompagnando il lavoro dei parroci.
Ringrazio, inoltre, di vero cuore tutti gli amici, che, in un modo o nell’altro, mi hanno dimostrato un affetto sconfinato. Non saprei, veramente, come poter ricambiare l’amore dimostratomi, se non dicendo grazie e assicurando il mio ricordo nella preghiera per tutti e ciascuno allo stesso momento. Approfitto di questa occasione anche per chiedere scusa a tutte quelle persone, che avrebbero voluto incontrarmi di persona o che mi avrebbero voluto a casa loro. Anche a me avrebbe fatto piacere andare dappertutto, ma non sempre è stato possibile, e di questo mi dispiace. La mia consolazione è sapere che l’incontro c’è stato comunque nel momento in cui, accostandoci alla Mensa eucaristica, entriamo in comunione con Dio e tra di noi. Dio ci dia la possibilità di sentirci vicini ogni qual volta ci accostiamo all’altare.
Non voglio e non posso dimenticare gli amici di Telediocesi, che mi hanno permesso di fare la bella esperienza della stupenda rubrica sull’Ottobre Missionario, che ha fatto sì che molti potessero scoprire la bellezza dell’essere missionari nella Chiesa a tutti i livelli. Grazie a tutti i missionari: sacerdoti, religiosi e laici che vi hanno contribuito o in studio o via skype e che hanno reso ancora più unita la Chiesa intera sparsa in tutto il mondo.
Come dicevo innanzi, volevo cogliere anche l’occasione di condividere una riflessione fatta, passando questo tempo con voi in Italia. Più volte e in diversi modi mi è stato chiesto di parlare della mia esperienza missionaria e di quello che faccio o realizzo qui in Congo. In più occasioni ho risposto che non faccio altro che sforzarmi di fare il sacerdote, né più né meno, di come ho cercato di farlo in Italia, ricordando a me stesso ogni giorno che sono e sarò sacerdote di Cristo nella sua unica Chiesa, la cui Missione è di far conoscere l’amore di Dio, manifestato in modo unico e irripetibile nell’Incarnazione de Figlio suo e nostro Signore.
Il titolo di questa lettera nasce proprio dal fatto che ho constatato che molti separano le diverse azioni e progetti di sviluppo missionario dall’unica e obbligatoria Missione della Chiesa che Sua Santità Benedetto XVI ha fortemente sottolineato nel suo Messaggio per la GMM: evangelizzare tutte le genti perché conoscano Gesù Cristo, che è morto e risorto per tutta l’umanità.
Non con poca amarezza, ho ancora una volta ascoltato chi mette in discussione il mio essere sacerdote missionario Fidei Donum, perché qui in Congo collaboro con i Padri Saveriani, a cui debbo tanto, per questa esperienza missionaria a favore di una Chiesa, che soffre tanto, e per la quale lavoro a nome della mia Chiesa particolare di Salerno di cui sono figlio e sacerdote. Da cristiano e da sacerdote mi sconvolgo nel sentir parlare della “mia missione” o della “sua missione”, come se ci fossero più missioni della Chiesa. I vari progetti di sviluppo sociale, che ogni Chiesa particolare o ogni Congregazione o Organismo laico realizzano, sono progetti che debbono portare all’unica Missione della Chiesa. Ecco il motivo per cui non interessa e non deve interessare se è realizzato dall’uno o dall’altro, ma, per quanto è possibile, ogni cristiano deve la sua contribuzione nelle modalità a lui consone e nella comunione con la Chiesa.
Che il Signore ci aiuti ad essere una Chiesa che vive la sua Missione in pienezza e non ad essere una Chiesa di “missioni”, dove ognuno fa quello che vuole e come vuole fuori dalla comunione ecclesiale e senza lo spirito di chi sa che senza la Chiesa non è nessuno e non può niente. Con questo non voglio dire che le tante azioni a favore dei tanti missionari, sparsi nel mondo, realizzate fino ad ora non abbiano valore. Lungi da me dal pensare o dire una cosa del genere. L’unico mio desiderio è che si possa mettere i nostri sforzi in comunione con tutta la Chiesa diocesana, in modo da poter conoscere e conoscersi, e, perché no, essere di aiuto e di stimolo per la Chiesa stessa. Non dimentichiamo che il Signore ha voluto una Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”.
Dio benedica tutti perché sempre e dovunque siamo testimoni del suo amore misericordioso, che si manifesta nella Chiesa, sua Sposa e nostra Madre.
 
Bukavu, 3.11.2012
PieDONe l’africano

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