Rapporto Censis: Italia Paese appagato e piatto

Un’Italia “appiattita” che stenta a ripartire, un inconscio collettivo senza più legge né desiderio: è l’analisi impietosa del Censis, contenuta nel 44.mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2010, presentato oggi a Roma dal presidente del centro studi, Giuseppe de Rita, e dal direttore generale, Giuseppe Roma.

Abbiamo resistito ai mesi più drammatici della crisi, dice il Censis, seppure con una “evidente fatica del vivere e dolorose emarginazioni occupazionali”. Ma ora sorge il dubbio che, anche se ripartisse la marcia dello sviluppo, la nostra società non avrebbe lo spessore e il vigore adeguati alle sfide che dovremo affrontare.

Il Censis registra un “declino parallelo” della legge e del desiderio. E siccome, dicono, non esistono attualmente in Italia sedi di auctoritas che potrebbero ridare forza alla “legge”, la “virtù civile” necessaria per riattivare la dinamica di una società troppo appagata e appiattita è quella di “tornare a desiderare”.

Secondo il Censis i nostri riferimenti alti e nobili (l’eredità risorgimentale, il laico primato dello Stato, la cultura del riformismo) si sono appiattiti, soppiantati dalla delusione. Non riusciamo più a individuare un dispositivo di fondo che disciplini comportamenti, atteggiamenti, valori. Si afferma così una “diffusa e inquietante sregolazione pulsionale”: negli episodi di violenza familiare, nel bullismo, nel gusto apatico di compiere delitti comuni, nella tendenza a facili godimenti sessuali, nella ricerca di un eccesso di stimolazione esterna che supplisca al vuoto interiore, nel ricambio febbrile degli oggetti da acquisire e godere, nella ricerca demenziale di esperienze che sfidano la morte (come il balconing).

“Siamo una società pericolosamente segnata dal vuoto, visto che ad un ciclo storico pieno di interessi e di conflitti sociali, si va sostituendo un ciclo segnato dall’annullamento degli interessi e dei conflitti” dice il Censis.

Ogni giorno di più, secondo il centro studi, il desiderio diventa esangue, indebolito dall’appagamento derivante dalla soddisfazione di desideri covati per decenni (dalla casa di proprietà alle vacanze) o indebolito dal primato dell’offerta di oggetti in realtà mai desiderati (con bambini obbligati a godere di giocattoli mai chiesti e adulti al sesto tipo di telefono cellulare).

Così, all’inconscio manca oggi la materia prima su cui lavorare, cioè il desiderio. Per vincere il nichilismo dell’indifferenza generalizzata, dunque, per il Censis occorre tornare a desiderare. E attualmente tre sono i processi in cui sono ravvisabili germi di desiderio: la crescita di comportamenti “apolidi” legati al primato della competitività internazionale (gli imprenditori e i giovani che lavorano e studiano all’estero), i nuovi reticoli di rappresentanza nel mondo delle imprese e il lento formarsi di un tessuto federalista, la propensione a fare comunità in luoghi a misura d’uomo (borghi, paesi o piccole città).

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