Web Liturgia, don Antonio Sorrentino risponde

Anzitutto chiedo scusa per questo ritardo nel rispondere ai quesiti di giugno e (parte ndr) di luglio. Sono stato molto impegnato nella mia attività di parroco, per alcuni articoli su riviste liturgiche, nel preparare un libro di prossima pubblicazione che riproponga i Salmi responsoriali festivi e feriali dei nuovi Lezionari della CEI, nonché per preparare il sussidio liturgico per l’ingresso del nuovo Arcivescovo (12 settembre p.v.).

Ringrazio per le parole di apprezzamento che alcuni benevolente mi scrivono. L’impegno preso va onorato per aiutare a celebrare sempre meglio, a gloria di Dio e per la santificazione dei fratelli. Sono qui, davanti a me, tanti interventi, alcuni con quesiti multipli, anche minuziosi. È lodevole l’attenzione anche ai minimi particolari, ma non si può pretendere che vi siano prescrizioni obbliganti sul terreno del facoltativo: lì ci si orienta con una certa saggezza, attingendo indicazioni a principi generali o a situazioni analoghe.

Don Giovanni N. scrive: Spettabile Redazione, le formulo i complimenti per aver pensato a questa rubrica che con la preziosissima collaborazione di don Antonio Sorrentino è un valido aiuto per vivere la liturgia come esperienza di Dio. Scrivo per chiedere se è possibile ricevere la relazione di don Antonio sui due incontri sul tema: La Liturgia, conoscerLa per amarLa del 10 dicembre 2008 e le risposte che ha poi dato alle domande che il pubblico presente gli ha indirizzato. Con profonda stima porgo cordiali saluti.

Don Antonio risponde: Non ho il testo scritto della relazione su La liturgia: conoscerla per amarla e viverne, tenuta ad Acquamela il 10-12-2008. Non so se di quell’incontro esiste una registrazione. Conviene chiederla a don Nello o ai suoi collaboratori.

Clicca qui per leggere l’articolo del sito a riferimento dell’incontro.

Liturgia delle Ore e Messa.

Enzo Capobianco scrive: desidererei sapere se la recita dei vespri immediatamente prima della eucarestia deve essere completa in tutte le sue parti ( inno, salmi,cantico,lettura breve,responsorio, magnificat, intercessiopni e orazione)o ,considerando che subito dopo inizierà l’eucarestia recitare solo l’inno i salmi ed il cantico, tralasciando tutte le altre parti. In attesa, ringrazio anticipatamente e porgo distinti saluti. diac.enzo

Don Antonio Sorrentino risponde:

Il Concilio ha riscoperto la Liturgia delle Ore quale “preghiera oraria di tutto il popolo di Dio”, e non più quale “Ufficio” o “Breviario”, riservato al clero e ai religiosi. Al fine di farla apprezzare e praticare dai fedeli, viene data la possibilità – prevalentemente nei giorni feriali – di unire soprattutto Lodi e/o Vespri alla Messa. Evidentemente sia l’una sia l’altra celebrazione, collegate, ne pèrdono in completezza, per cui l’ideale sarebbe tenerle distinte, per dare a ciascuna spazi e tempio convenienti.

Come vanno collegati Lodi o Vespri alla Messa? L’Introduzione alla Liturgia delle Ore ne parla chiaramente ai nn. 3-99. L’inizio può essere o quello della L.O. (O Dio, vieni a salvarmi… Inno, tre Salmi) oppure quello della Messa (Canto d’ingresso, saluto del celebrante, 3 Salmi).

Si può omettere il Signore Pietà, si recita (se previsto) il Gloria, cui segue la Colletta ecc. La preghiera dei fedeli può essere sostituita dalle preci della L.O. Dopo la Comunione viene recitato cantato il Benedictus o il Magnificat, preceduto dall’antifona propria della L.O.

Le “Stole” della via Crucis

Antonio A. scrive: Rev. mo don Antonio, le scrivo perché nutro una profonda stima nei suoi confronti. I quesiti che desidero rivolgerle sono i seguenti: durante la Via Crucis il sacerdote nei venerdì di quaresima indossa la stola di colore viola, mentre il venerdì santo la stola è di colore rosso. Si può anche in ogni venerdì di quaresima celebrare la Via Crucis con il colore rosso? Qual è l’atteggiamento da suggerire ai fedeli quando ritornano ai loro posti nei banchi dopo aver ricevuto la S. Comunione: restare in piedi? Stare seduti? Oppure mettersi in ginocchio? In attesa di una sua risposta, le porgo cordiali saluti.

Don Antonio Sorrentino risponde:

a. Siccome i pii esercizi vanno relazionati al tempo liturgico, è preferibile che ne assumano anche il colore. Quindi in Quaresima, per la Via Crucis è preferibile il colore viola. Tuttavia per l’adorazione o la Comunione fuori Messa si può usare anche il colore bianco.

b. Ancora sull’atteggiamento durante e dopo la Comunione. C’è, purtroppo, una grande confusione. Eppure le norme sembrano chiare, a meno che non ci si lasci prendere dalla superficialità e dal privatismo. Anzitutto la Messa è celebrazione comunitaria, nei gesti e nelle parole. Perciò l’OGMR al n. 43 esige “uniformità di gesti e atteggiamenti durante la celebrazione”; e il n. 42 prescrive: “L’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i presenti, è segno dell’unità dei membri della comunità cristiana riunita per la sacra liturgia. Manifesta infatti e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’anima di coloro che partecipano”.

Questo principio fondamentale della partecipazione comunitaria va tenuto presente anche al momento della Comunione. Mentre si distribuisce la Comunione evidentemente ci sono fedeli in piedi che vanno verso l’altare. E poi, è presente Gesù-Eucaristia: nessuno se ne può disinteressare, sedendosi e quasi estraniandosi a un rito e a una presenza così importanti e qualificanti della celebrazione eucaristica. Pertanto, tutti (comunicati, comunicandi e non) stiano in piedi, non chi seduto, chi in piedi, e chi in ginocchio. D’altra parte, il n. 43 prevede che si stia “seduti durante il sacro silenzio dopo la Comunione”. Terminata la Comunione e portate le Ostie eventualmente rimaste nella custodia eucaristica, tutti siedono per il sacro silenzio o per un salmo o canto di ringraziamento.

Petali di rose a Pentecoste e segno della pace del sacerdote

Pasquale scrive: Rev. mo don Antonio, le scrivo per rivolgere due quesiti che credo non siano stati posti alla sua attenzione per una svista.

I quesiti sono: Durante la Messa della solennità di Pentecoste mentre si legge o si canta la sequenza c’è la tradizione di aspergere l’assemblea con i petali di rose.E’ un gesto che è opportuno vivere nella celebrazione eucaristica? Inoltre i fedeli quando sono aspersi dai petali di rose devono inchinare il capo e segnarsi col segno della croce?

Una seconda domanda che le rivolgo è: un sacerdote pùo scambiare il segno di pace con alcuni fedeli restando sul limitare del presbiterio? Le porgo cordiali saluti

Don Antonio risponde:

a)Petali di rose a Pentecoste. L’usanza di spargere petali di rose rosse sull’assemblea a Pentecoste, per ricordare le lingue di fuoco spartite sulle teste degli apostoli nel cenacolo, è legittima. Però durante la recita o il canto della Sequenza, potrebbe risultare distraente. Forse è preferibile compiere questo gesto durante il canto d’ingresso.

b)Gesto di pace. È bene che il sacerdote, per dare la pace, non abbandoni l’altare, quasi disinteressandosi di Gesù Cristo lì presente: resti lì al centro dell’altare. Chi vuol ricevere la pace si avvicini al sacerdote. Tantomeno il sacerdote può inoltrarsi nella navata, in mezzo ai fedeli. Benedetto XVI nel Sacramentum caritatis esplicitamente richiama tutti a rendere sobrio questo gesto, che si fa solo con i più vicini, e a non distrarsi dall’attenzione all’Eucaristia.

Bambini che corrono… e atteggiamento dell’assemblea verso il Santissimo

SIMONA F. scrive: Rev. mo don Antonio, mi congratulo per le sue risposte illuminanti e le chiedo: durante le celebrazioni spesso incontriamo una difficoltà che col parroco stiamo cercando di risolvere. Qual è l’atteggiamento giusto da avere quando durante una celebrazione ci sono bambini che corrono in chiesa senza che i genitori intervengano. Oppure quando piangono i neonati e i genitori li fanno ugualmente stare creando inevitabilmente disturbo a tutti i presenti. Che cosa bisogna fare affinché si rispetti il silenzio in chiesa e allo stesso tempo si trasmetti un messaggio di accoglienza e dolcezza da parte sia del parroco che dei suoi collaboratori? Inoltre le chiedo: Qual è l’atteggiamento che devono assumere i fedeli da quando il sacerdote incensa il santissimo Sacramento fino alla sua riposizione? Devono essere inginocchiati per tutto il tempo o devono stare in piedi quando il ministro si alza per recitare una preghiera, com’è scritto nel Rito della comunione fuori della Messa e culto eucaristico al n. 115 a pag. 83?La benedizione col Santissimo si riceve in ginocchio? Segnandosi con il segno della croce ( perché come lei ha scritto in una risposta: Se si dà una benedizione, essa non è a vuoto, ma la si riceve segnandosi ) bisogna anche inchinarsi oppure guardare Gesù Eucaristico? Se si dovesse fare l’inchino, questo sarebbe solo col capo o profondo? Infine durante la reposizione i fedeli se sono stati in ginocchio in che momento si alzano? Quando il ministro toglie l’Ostia consacrata dall’ostensorio, oppure mentre la ripone nel tabernacolo se questo fosse dietro l’altare oppure quando il ministro è sceso dal presbiterio se il tabernacolo fosse in una cappella? Caro don Antonio, le rivolgo questi quesiti perché considero molto importante il n. 42 dell’OGMR: … L’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unità dei membri della comunità riuniti per la sacra Liturgia: manifesta infatti e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo di coloro che partecipano. La ringrazio per la sua profonda disponibilità e le porgo cordiali saluti

Don Antonio risponde:

a. Bambini a Messa. Come intorno a Gesù c’erano adulti e bambini, così è bello accompagnare anche i piccoli all’incontro con lui nella Messa. La loro presenza spontanea e gioiosa ci ricorda che siamo famiglia di Dio. Però una Messa domenicale (che dura 40-50 minuti) potrebbe stancarli, annoiarli, provocando movimenti incontrollabili o pianti. D’altra parte, non possono essere esclusi dalla celebrazione, anche perché le esperienza sono educanti, nel senso che plasmano la persona. Come fare? Possibilmente stiano con i genitori, semai in posizioni più “defilanti”, per esempio più vicino alle uscite, alla sacrestia, in modo che all’occorrenza li si può portare fuori, salvo poi rientrare per qualche altro “pezzetto di Messa”. In alcune parrocchie ci sono persone volontarie che intrattengono i bambini in luogo adatto durante la celebrazione. In America, in Francia, in Germania, in alcune chiese hanno creato uno spazio isolato con vetri insonorizzati e impianto audio, da dove le mamme seguono al Messa stando con i loro bambini.

b. Gesti durante l’adorazione. Durante l’esposizione dell’Eucaristia (breve o prolungata) vi sono atteggiamenti diversificati: in ginocchio per l’adorazione (e quindi anche durante l’incensazione e la benedizione), seduti quando si ascoltano brani biblici o piccoli interventi omiletici, in piedi quando si canta. Il libro liturgico sul culto eucaristico dopo la Messa non scende a indicazioni minuziose (per non cadere nel ritualismo o cerimonialismo asfissiante dominante prima del Concilio). Tuttavia la benedizione eucaristica non è una ostensione (come durante la Messa, quando il sacerdote mostra ai fedeli l’Ostia o il calice da guardare con fede e amore). Pertanto, sembra più coerente, durante la benedizione eucaristica, stare in ginocchio e leggermente inchinati. Ci si segna? Non è previsto, ma conviene segnarsi, per accogliere su di sé la benedizione. È bene rimanere in ginocchio fino a quando l’Eucaristia viene riposta nel tabernacolo.

“Il Signore sia con voi”… l’Omelia

Don Giovanni N. scrive:

Rev. mo don Antonio, leggo in OGMR 134: All’ambone il sacerdote apre il libro e, a mani giunte, dice: Il Signore sia con voi, … Invece il n. 148 recita: Il sacerdote, quando inizia la Preghiera eucaristica, allargando le braccia, canta o dice: Il Signore sia con voi, … Il n. 167 scrive: Poi il sacerdote, allargando le braccia, saluta il popolo, dicendo: Il Signore sia con voi, … Le chiedo: perché il sacerdote solo per la proclamazione del Vangelo quando dice Il Signore sia con voi non allarga le braccia ma ha le mani giunte? Inoltre in OGMR 65 è scritto: …Essa (l’omelia ) deve consistere nella spiegazione o di qualche aspetto delle letture della sacra Scrittura, o di un altro testo dell’Ordinario o del Proprio della Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia delle particolari necessità di chi ascolta. Alla luce di ciò, le chiedo: è opportuno concludere l’omelia, in particolare la domenica o in una solennità, con un pensiero anche breve sulla Vergine Maria, nonostante la liturgia del giorno non faccia riferimento a lei? Infine è bene iniziare e/o concludere l’omelia con l’espressione “Sia lodato Gesù Cristo”? Rev. mo don Antonio, la ringrazio per il suo preziosissimo aiuto e con profonda stima le auguro di vivere il suo onomastico nella gioia di Cristo.

Don Antonio risponde:

a. Dicendo “Il Signore sia con voi”, il sacerdote allarga le braccia all’inizio della Messa (OGMR n. 124), al prefazio (n. 148), all’invito del segno di pace (n. 154), alla benedizione finale (n. 167). Invece al Vangelo la rubrica dice (sia per il sacerdote sia per il diacono): “a mani giunte”. Questa differenza non sembra coerente (e di fatto quasi nessuno fa così). Le ragioni addotte da qualche liturgista per giustificare questa differenza non sembrano convincenti, perché è bene che parole e gesti si corrispondano e si esplicitino a vicenda.

b. Un brevissimo riferimento alla Madonna nell’omelia non guasta, perché Maria è intimamente legata a Cristo nel mistero dell’Incarnazione, della Pasqua e della Gloria (cfr. LG, Marialis cultus di Paolo VI, Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II), purché sia coerente con la celebrazione in atto. Se il riferimento dovesse essere forzato o solo devozionistico non conviene farlo.

c. “Sia lodato Gesù Cristo” all’inizio e/o alla fine dell’omelia. Non v’è alcuna indicazione al riguardo. Tuttavia, all’inizio è un doppione inutile, perché già tutti, a conclusione del Vangelo, hanno acclamato “Lode a te, o Cristo”. Al termine dell’omelia può essere utile, per indicarne la fine.

Il segno di Croce: come, dove, quando e perchè

Giuliano scrive: Don Antonio, seguo con attenzione la sua rubrica, anche per “lavoro” in quanto responsabile tecnico del sito. Avrei anch’io una richiesta da porgerle: quando ci si segna con la croce? Premesso che è d’obbligo in chiesa e in specifici momenti che caratterizzano la nostra vita di cristiani, ma al di fuori di queste occasioni, quando dobbiamo segnarci?

Le chiedo questo perché vedo che molte persone hanno la “croce facile”: ad esempio gli sportivi prima di iniziare una gara, gli studenti prima di un esame, altri ogni volta che passano davanti ad edicola votiva o davanti al cimitero…Le sarei grato se potesse fugare i miei dubbi!

Don Antonio risponde: segni di “croce facili”. San Paolo esorta: “Qualunque cosa facciate, fatela nel nome del Signore” (Col 3,17). Questo invito fu tradotto praticamente con l’uso di iniziare le preghiere e le azioni con il segno piccolo di croce, che fino al secolo XI era tracciato sulla fronte. Origene lo testimonia “prima di ogni lavoro e specialmente nell’incominciare le preghiere e le sante letture”. E Tertulliano “… a ogni inizio, a ogni movimento, quando si entra e quando si esce, quando ci si veste e quando ci si bagna, quando ci si mette a tavola o si accendono le lampade o ci si corica; quando si siede e in ogni occasione ci si segna la fronte con il segno della croce”. Dal secolo VI, con il segno di croce grande (cioè sul corpo e non più solo sulla fronte), si iniziano e si concludono tute le celebrazioni sacramentali, la Liturgia delle Ore, i Sacramentali e i pii esercizi. Evidentemente, il segno di croce, con il gesto e le parole che l’accompagnano, è insieme professione e testimonianza aperta di fede nella SS.ma Trinità e nel mistero della redenzione. Ed è bene conservarlo e inculcarlo all’inizio e alla conclusione della giornata e anche quando ci si mette a tavola o in auto. È anche lodevole segnarsi passando davanti a una chiesa o a un cimitero. Persone pie lo fanno anche davanti a edicole votive. In una società secolarizzata può essere segno d’identità cristiana e un invito discreto a ricordare il Signore. Quanto alle “croci facili” di sportivi o di studenti ansiosi, rispettiamo le intenzioni (speriamo sincere) di chi le fa; se non altro potrebbero essere umili richieste di aiuto e gesti rassicuranti, ma non scadano in gesti scaramantici o deresponsabilizzanti.

Raccolta delle offerte.… istruzioni per l’uso

Maria Rosaria S scrive Rev. mo don Antonio, la ringrazio per le risposte che mi dà e che cerchiamo di mettere in pratica in parrocchia. Il n. 73 dell’OGMR recita: Si possono anche fare offerte in denaro, o presentare altri doni per i poveri o per la Chiesa, portati dai fedeli o raccolti in chiesa. Essi vengono deposti in luogo adatto, fuori della mensa eucaristica. Le chiedo: è bene che coloro che raccolgono le offerte durante il rito della presentazione dei doni si allineino davanti all’altare, si inchinino insieme per poi andare ognuno in una navata e terminata la raccolta ritornino davanti all’altare rifacendo l’inchino e portando i cesti nel luogo adatto? Inoltre se la persona che raccoglie le offerte è una soltanto, è opportuno che agisca allo stesso modo, cioè con l’inchino davanti all’altare all’inizio e alla fine della raccolta? Oppure inizia a raccogliere le offerte da dove si trova, avendo con sé il cestino dall’inizio della celebrazione?

Quale può essere il luogo adatto di cui parla il n.73? Fuori della mensa eucaristica può significare anche i gradini davanti all’altare? I cestini con le offerte possono essere lasciate presso l’ambone?

Qualche volta, dopo la raccolta, li vedo sul primo banco della chiesa oppure a terra presso la porta della sacrestia. Possono essere soluzioni accettabili? Inoltre è corretto durante il rito della presentazione dei doni procedere nel seguente modo: dietro ai fedeli che portano i doni ci sono coloro che raccolgono le offerte. Giunti anche loro davanti all’altare si separono per percorrere tutte le navate per la raccolta. Infine quando si esegue il canto alla presentazione dei doni, chi raccoglie le offerte è bene che aspetti l’inizio del canto oppure può iniziare a raccoglierle subito dopo la preghiera dei fedeli prima che il canto inizi? Con profonda stima le porgo cordiali saluti.

Don Antonio risponde: La forma ideale per raccogliere le offerte durante le Messe festive potrebbe essere questa: terminata la preghiera dei fedeli, mentre il sacerdote resta seduto, 4-6 persone si recano davanti al presbiterio, fanno un bell’inchino profondo all’altare e poi passano attraverso i corridoi della chiesa per raccogliere le offerte. Giunte in fondo alla chiesa, si mettono in processione dietro i fedeli che recano pane, vino, acqua (mentre si esegue un canto adatto) e, giunti davanti all’altare, depositano i cestini su un gradino o su uno sgabello o sulla credenza, ma non presso l’ambone, tantomeno sull’altare (cosa orrenda). In ogni caso, la raccolta delle offerte non dovrebbe prolungarsi oltre il lavabo del sacerdote, per non disturbare la preghiera sulle offerte e il prefazio.

Benedizioni, rito breve e…

Salvatore F. scrive. Carissimo don Antonio, il libro del Benedizionale prevede a pag. 164 al capitolo XI il rito della Benedizione di chi intraprende un cammino. Nelle premesse al n. 345 è scritto: Il rito si può usare … in occasione di viaggi per motivi di lavoro, di studio, di cura o in altre circostanze anche turistiche o sportive. Le domando: è opportuno invitare i fedeli che partono in vacanza affinché si rivolgano al sacerdote per ricevere la benedizione?

Se fosse giusto, bisogna consigliare di venire al momento della partenza o anche qualche giorno prima? Il rito breve a pag. 172 al n. 366 scrive: Il ministro inizia il rito dicendo: Il nostro aiuto è nel nome del Signore. Le chiedo: Perché il rito breve non inizia col segno della croce? Questa domanda fa riferimento anche ad altri riti brevi come ad esempio il Rito delle benedizioni riguardanti la devozione popolare relativo agli oggetti di pietà al n. 1722 a pag. 706 oppure il rito della benedizione annuale delle famiglie nelle case al n. 460 a pag. 211. Frequentando la parrocchia mi sembra di aver compreso che non è opportuno introdurre nuove devozioni. Questo è vero?

Se fosse così, quali criteri considerare per capire quali riti usare e quali invece no, essendo il Benedizionale ricco di formulari per tantissimi casi? I riti prevedono la cosiddetta Preghiera di benedizione per la quale non viene specificato l’atteggiamento che i fedeli devono assumere. Poiché i destinatari ultimi della benedizione, anche quando si benedicono oggetti, sono le persone come insegna il n. 12 delle premesse generali del Benedizionale (… la Chiesa benedice anche le cose e i luoghi … sempre però tenendo presenti gli uomini che usano quelle determinate cose … ), mentre il sacerdote recita la preghiera di benedizione sulle persone o sugli oggetti, è opportuno suggerire ai fedeli di inchinarsi come si fa al termine della celebrazione eucaristica? Infine se fosse così sarebbe bene che si inchinino solo le persone direttamente interessate, ad esempio chi celebra un anniversario di matrimonio o chi ha portato delle corone del rosario da far benedire o tutti i presenti?La ringrazio per la sua profonda disponibilità e la saluto molto cordialmente.

Don Antonio risponde:

a. Benedizione per chi intraprende un cammino. Se il Benedizionale prevede certe benedizione (tra cui quella prima di un viaggio o di un pellegrinaggio), vuole dire che è cosa buona chiederle. Per le modalità concrete ci si accorda con il sacerdote.

b. Nuove devozioni e nuovi riti. È più facile introdurre devozioni o riti già approvati. Ma occorre molta prudenza e saggezza pastorale se si tratta di devozioni o riti non ancora approvati, anche perché il popolino potrebbe rifugiarsi in essi, ritenendoli sostitutivi dei Sacramenti. In ogni caso occorre il consenso del parroco, al quale spetta il compito di regolare le forme di preghiera nella sua comunità.

c. Atteggiamento durante la benedizione di oggetti. Non è previsto nessun inchino mentre il sacerdote recita la preghiera di benedizione e non sembra opportuno omologare la gestualità dei pii esercizi con la gestualità tipicamente liturgica. Nei pii esercizi e nei sacramentali c’è maggiore libertà.

d. Nei riti brevi di alcune benedizioni non è prescritto di iniziarle col segno di croce, ma il Benedizionale li fa iniziare con l’invocazione “Il nostro aiuto è nel nome del Signore”. Quasi spontaneamente dicendo questa invocazione facciamo il segno di croce, così come ci segnamo all’inizio della Liturgia delle Ore dicendo “O Dio, vieni a salvarmi” (cfr LO, n. 266). Anche quando il sacerdote va a benedire le famiglie in occasione della Pasqua il rito breve inizia immediatamente con il segno di croce, probabilmente perché si incontrano le persone con un saluto cordiale.

Litanie dei Santi, in ginochio…prostati a terra…il Santo Rosario

Maria Rosaria L. scrive Rev. mo don Antonio, le scrivo per avere un chiarimento. Lei in risposta ad una domanda ha scritto che durante le litanie dei santi, tranne che nel tempo di Pasqua, tutti (eccetto i cantori) stanno in ginocchio rivolti verso l’altare. Pertanto, durante la Veglia pasquale, si sta in piedi però rivolti verso l’altare e il crocifisso, così come se si fosse in ginocchio, si starebbe rivolti verso l’altare. Le chiedo: qual è il senso di questo atteggiamento? I ministri che si trovano in presbiterio e stanno tra l’altare e il crocifisso, verso dove dovranno rivolgersi? Inoltre esiste un libro liturgico dove si specifica qual è l’atteggiamento dei fedeli durante la litania dei santi? Il Rito del Battesimo dei bambini al n. 54 a pag. 53 scrive: Il celebrante invita i presenti a invocare i Santi. Il Rito del Matrimonio al n. 81 a pag. 57 recita: Il sacerdote può invitare i presenti a invocare i santi… Durante la litania dei santi nel Battesimo e nel Matrimonio, se questi due sacramenti vengono celebrati fuori il tempo di Pasqua tutti i fedeli presenti, compresi i genitori del bambino nel primo caso e gli sposi nel secondo caso, devono stare in ginocchio? Entrambi i riti perché non lo specificano? Quando si celebra il Rosario durante le litanie ho visto i fedeli inginocchiarsi anche durante il tempo di Pasqua. Per questa preghiera le norme suggeriscono atteggiamenti diversi? Infine l’atteggiamento che i fedeli assumo durante la recita del Rosario cambia se lo pregano dinanzi al Santissimo Sacramento? La ringrazio per il suo aiuto preziosissimo.

Don Antonio risponde.

a. Il Caerimoniale Episcoporum nel rito dell’ordinazione dei sacri ministri e in quello della professione religiosa prescrive che durante il canto delle litanie tutti, compreso il Vescovo, mentre gli ordinandi sono prostrati a terra, stiano in ginocchio rivolti verso l’altare (eccetto nel tempo di Pasqua e la domenica). Durante le litanie ci si inginocchia per sottolinearne il carattere di supplica. Normalmente, durante le celebrazioni, poiché nel presbiterio non dovrebbe esserci il tabernacolo con il Santissimo, il segno più importante di Cristo è l’altare e verso di esso ci si rivolge per la preghiera. Però il Rito del Battesimo e il Rito del Matrimonio non prevedono di mettersi in ginocchio durante le brevi Litanie dei Santi.

b. Durante il Rosario. Il Rosario è una preghiera mariana, a sfondo cristologico, con una connotazione tipicamente contemplativa. “Il Rosario – diceva Giovanni Paolo II – deve farci contemplare Cristo con gli occhi di Maria”. Pertanto, anche se si recita davanti al SS.mo Sacramento, sembra lecito stare seduti, se mai alzandosi al canto del “Gloria al Padre”. Lo stare in ginocchio durante le litanie mariane a conclusione del Rosario sembra una imitazione dell’atteggiamento delle litanie dei Santi. Nei pii esercizi c’è una certa maggior libertà di organizzazione. Pertanto, in mancanza di disposizioni precise, è bene non pretendere l’uniformità anche nei piccoli dettagli.

Memoria del dolore della Beata Vergine Maria il Venerdì Santo.

Gino F scrive: Carissimo don Antonio, in una risposta che lei ha dato recentemente sul rito della Memoria del dolore della B. V. Maria durante la celebrazione del Venerdì santo ha scritto facendo poi riferimento alla Marialis cultus di Paolo VI: … sembra non opportuno introdurre nella celebrazione liturgica un pio esercizio mariano. Personalmente apprezzo molto la sua risposta. Ma le chiedo perché nel libro Preparare e celebrare il Triduo Pasquale a cura di Daniele Piazzi ed. Queriniana viene riportato, come facoltativo, il rito della memoria del dolore della beata Vergine Maria presso la croce? Inoltre si specifica a pag. 100 che approvato dalla CEI per l’anno mariano, questo rito può aggiungere una nota popolare alla liturgia di questo giorno. E’ in sintonia con la celebrazione del mistero pasquale e ben esprime il dolore carico di speranza sia della Madre sia della Chiesa. L’autore scrive invece che è in sintonia con la celebrazione. Sembra che la posizione di Daniele Piazzi sia diversa dalla sua. E’ opportuno oppure no introdurre questo rito? Le chiedo anche perché gli studiosi di liturgia, come lei e Daniele Piazzi, possono avere opinioni diverse sulle norme liturgiche che dovrebbero avere una stessa interpretazione da tutti? La celebrazione del Venerdì santo inizia nel silenzio con una processione come indica il Messale Romano ai n. 4-5 a pag. 145: Il sacerdote e il diacono indossano le vesti di color rosso, come per la Messa. Si recano poi all’altare e, fatta la debita riverenza, si prostrano a terra o, secondo l’opportunità, s’inginocchiano. Tutti, in silenzio, pregano per breve tempo. Quindi il sacerdote con i sacri ministri si reca alla sede. Sembra che i numeri 4 e 5 facendo riferimento solo ai ministri ordinati escludano la presenza dei ministranti. I ministranti quindi possono partecipare a questa processione d’ingresso? Se ne fanno parte si prostrano anche loro? Oppure la prostrazione è riservata ai ministri ordinati per cui ministranti si inginocchiano? Tutti i fedeli presenti che atteggiamento dovranno assumere? Stare in piedi inchinati, in ginocchio o cos’altro? La celebrazione del Venerdì santo si conclude con l’orazione sul popolo. Perché non termina con la benedizione col segno della croce come si fa al termine di ogni celebrazione? Complimenti per questa rubrica e grazie per la vostra disponibilità. Cordiali saluti.

Don Antonio risponde:

a. Daniele Piazzi ritiene possibile questo rito facoltativo in sintonia con la celebrazione. Non fa meraviglia che ci siano posizioni diversificate. La Chiesa esige uniformità sui contenuti della fede, non sulle loro espressioni teologiche e liturgiche. Difatti abbiamo diverse scuole teologiche e tante famiglie liturgiche. Nel campo più strettamente liturgico, quando non ci sono prescrizioni precise e si entra nel campo del facoltativo, è lecito avere orientamenti diversi. Interpretazioni diverse corrispondono a diverse sensibilità e a considerazioni di carattere pastorale, per evidenziare una qualità della celebrazione che si ritiene più importante anche dal punto di vista di una partecipazione migliore. Vale sempre l’antico principio: “in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”. La liturgia del Venerdì Santo, pur nella sua austera sobrietà, è già solenne e piena. Un pio esercizio in essa inserito o ad essa congiunto, rischia di decentrare l’attenzione. I pii esercizi tipici di questo giorno, quali la processione di Gesù morto o la Via Crucis fatti dopo la celebrazione liturgica, hanno un loro spazio e un loro ritmo che è bene non confondere con la liturgia, anche per non farli apprezzare più della stessa liturgia della Passione del Signore. Ad essere precisi, la liturgia del Venerdì Santo non prevede questo rito di memoria della Beata Vergine presso la croce. Il sussidio della CEI per l’anno mariano prevede il pio esercizio “L’ora della Madre” per il Sabato Santo. La Lettera circolare sulla Preparazione e celebrazioni delle feste pasquali (16-1-1988) raccomanda: “Non siano trascurati i pii esercizi, come la Via Crucis, le processioni e la memoria dei dolori della Beata Verrine Maria. Tuttavia vengano organizzati in modo tale che l’azione liturgia risulti di gran lunga per sua natura a tutti questi esercizi”. Sia consentito un ricordo. Prima del Concilio, a conclusione della Messa, in certe chiese si usava fare la benedizione eucaristica, a cui si dava maggiore solennità della Messa stessa, perché, dopo la Messa celebrata sub silentio e con poche candele, finalmente per l’esposizione e la benedizione si accendevano molte luci e candele, suonava l’organo e si cantava il “Tantum ergo” e “Dio sia benedetto”. Addirittura alcuni uomini durante la Messa stavano davanti la chiesa a fumare e parlottare, ma poi entravano in chiesa al momento della benedizione eucaristica. In conclusione “L’ora della Madre” sta bene al Sabato Santo, ma non a conclusione della liturgia tipica del Venerdì Santo.

b. La celebrazione del Venerdì Santo inizia e termina senza la benedizione del sacerdote sui fedeli. Caso liturgico unico. Evidentemente questa celebrazione particolare (senza Messa) conserva le tracce della sua antichità, quando – almeno fino al secolo X – non ancora era entrato nella liturgia l’uso del segno grande di croce. All’inizio della celebrazione del Venerdì Santo è previsto che i ministri sacri possano prostrarsi oppure inginocchiarsi. Potrebbero adeguarsi a questo gesto anche i ministranti. I fedeli invece stanno in ginocchio.

Atteggiamento da assumere dinanzi all’Eucaristia

Antonio scrive: Carissimo don Antonio, le scrivo per avere idee più chiare sull’atteggiamento da assumere dinanzi all’Eucaristia. Recentemente rispondendo ad una domanda lei ha scritto: A ogni modo, quando il ministro, al momento della Comunione, va a prendere la pisside, apre il tabernacolo, non è necessario fare la genuflessione, perché nel presbiterio è già presente, sull’altare della celebrazione in atto, Gesù eucaristico. Il ministro invece se prende la pisside da un tabernacolo che non si trova dietro all’altare ma in un luogo a parte cioè nella cappella del Santissimo Sacramento, è opportuno che faccia la genuflessione oppure un inchino? Lei ha scritto pure: Nel riporre la pisside a fine Comunione, se il ministro ha ricevuto l’Eucarestia, ha già presente Gesù in sé e pertanto non genuflette, ma semplicemente depone la pisside e chiude il tabernacolo. Se il ministro che va a riporre il santissimo Sacramento nella cappella è un diacono oppure un accolito o un ministro straordinario che non ha ricevuto l’Eucaristia ( per motivi personali di quel momento ) non avendo presente Gesù in sé quando depone la pisside deve genuflettersi o inchinarsi? Inoltre in un’altra sua risposta trovo scritto: Invece, sembra normale che si faccia genuflessione quando, fuori Messa si apre il tabernacolo, per prendere la pisside, fare l’adorazione e la Comunione. Poiché in SC n. 34, come lei spesso cita, si afferma che “I riti splendano per nobile semplicità, siano trasparenti per la loro brevità e senza inutili ripetizioni” e dato che il nuovo Rito del Matrimonio a pag. 99 al n. 136 relativo alla Celebrazione della Parola scrive: … Il diacono si avvicina al luogo dove sono conservate le sacre specie, prende la pisside, pone l’Eucaristia sull’altare e genuflette, le chiedo: non è una ripetizione la genuflessione che nel caso del matrimonio senza la Messa il ministro fa sia quando prende la pisside e sia quando subito dopo la ripone sull’altare? Questa duplice genuflessione andrebbe fatta sia se la pisside è dietro all’altare e sia se è in una cappella? Lei ha anche affermato che: I fedeli, quasi per salutare Gesù che viene “chiuso” nel tabernacolo, fanno a volte una genuflessione o un inchino. È un di più non richiesto e quanto alla genuflessione al SS. mo prima di chiudere la custodia da parte di un ministro che si è comunicato, il nuovo Ordinamento generale del Messale Romano non ne parla (n.163). Se il ministro lo fa, non è deplorevole, ma sembra un di più un non necessario; non è prescritto. E’ bene spiegare ai fedeli che non è opportuno compiere i gesti che vanno considerati come lei dice: un di più non richiesto, non è deplorevole, ma sembra un di più un non necessario; non è prescritto; non è previsto ( come alcun segno di croce né prima né dopo la Comunione da parte del fedele- questo in un’altra sua risposta ) oppure lasciare che agiscano spontaneamente? La ringrazio profondamente per tutti questi approfondimenti e le porgo cordiali saluti.

Don Antonio risponde: Nella liturgia latina il segno di adorazione all’Eucaristia (e solo all’Eucaristia) è la genuflessione, non l’inchino profondo, che invece è tipico della liturgia orientale. Quando si distribuisce l’eucaristia fuori della Messa e si depone la pisside sull’altre, si fa genuflessione al SS.mo come segno di adorazione prima di mostrare l’Ostia Santa e l’invio a partecipare alla Comunione. Per alcuni gesti spontanei dei fedeli e non contrari allo spirito liturgico è bene non problematizzarsi. Un tempo si diceva “De minimis non curat praetor”. Stiamo attenti a non cadere in un rubricismo esasperato,che fissa l’attenzione su particolari troppo minuziosi, a scapito di quella serenità nostra e di una certa benevolenza verso gli altri, che dovrebbe caratterizzare la nostra preghiera.

Di chi è la SS Messa? – Offerta-tassa per il catechismo

Andrea F. scrive. Caro don Antonio, il Direttorio della Messa dei fanciulli recita al n. 36 a pag. 17 che … può essere utile anche l’uso di immagini e disegni preparati dagli stessi fanciulli, per esempio, per illustrare l’omelia, per esprimere visivamente le intenzioni della preghiera universale, per suggerire la meditazione. In base a questa norma sarei felice di sapere se, durante la S. Messa che si celebra in parrocchia con la partecipazione sia dei fedeli che vengono abitualmente, sia dei ragazzi del catechismo e sia dei genitori, è opportuno che il sacerdote tenga l’omelia mostrando un disegno preparato dagli stessi ragazzi durante gli incontri di catechismo. Se fosse possibile questo, è bene che accanto al sacerdote, mentre questi tiene l’omelia, ci siano i ragazzi che hanno preparato il disegno con le loro catechiste? E’ consigliabile che il sacerdote durante la S. Messa, a cui partecipano molti ragazzi ma anche molti adulti, faccia l’omelia dialogando con i ragazzi? Inoltre in che modo mettere in pratica le indicazioni finali del n. 36 e cioè quelle relative alla preghiera universale e alla meditazione? Le chiedo infine un suggerimento pratico da realizzare nella nostra comunità parrocchiale. Quando i genitori vengono ad iscrivere i ragazzi al catechismo, si chiede un’offerta che è una quota ben precisa anche se bassa, comprendente il libro e il materiale da usare.E’ opportuno chiedere una somma già stabilita? Oppure sarebbe meglio chiedere un’offerta libera cioè a piacere? Se l’offerta ha un valore già fissato, si può parlare di offerta? E’ bene non chiedere nulla? Caro padre, cos’altro può consigliarci? La ringrazio per il suo aiuto e la sua disponibilità e complimenti per questa rubrica.

Don Antonio risponde:

a. Catechesi e liturgia. La Messa è sempre celebrazione di tutti e per tutti. Non vi sono più Messe di gruppi o di categorie (degli artisti, delle mamme, dei fanciulli…), anche se una presenza rilevante di fanciulli o di giovani o di mamme evidentemente induce a un’attenzione particolare nei loro riguardi. Quando molti fanciulli, soprattutto la domenica, partecipano alla Messa festiva, è bene dare loro un qualche spazio, senza tuttavia infantilizzare la celebrazione né sfruttarle come pretesto catechistico, con una sovrabbondanza di cartelloni, disegni, spiegazioni e movimenti. La liturgia ha anche una valenza catechetica (RdC nn.113-114), però non bisogna farla diventare una catechesi. Né l’aula della chiesa può diventare una sorta di aula catechistica. Che ci sia qualche disegno (mai appeso all’altare o all’ambone, ma collocato in un luogo adatto) o che il sacerdote solleciti durante l’omelia qualche intervento di qualche fanciullo è lecito e utile. Ma non dimentichiamo gli altri fedeli presenti in chiesa. È anche previsto che qualche fanciullo proponga qualche intenzione di preghiera; e tuttavia, neanche in occasione di Prime Comunioni, possono fare tutto loro.

b. Offerta-tassa per il catechismo. Se, per giuste esigenze, si chiede di partecipare alle spese per l’organizzazione catechistica (libro, sussidi, assicurazione per attività ludiche), è sempre bene spiegarne le motivazioni, in modo da suscitare una partecipazione consapevole, prevedendo sempre anche la gratuità per le famiglie non abbienti.

Sordomuti a Messa.

Elena C. scrive Rev. mo don Antonio, vorrei chiederle alcune spiegazioni sulla presenza dei sordomuti in una celebrazione eucaristica. E’ bene che durante l’omelia ci sia un interprete che con il linguaggio dei gesti traduce ciò che dice il sacerdote ai sordomuti? Se fosse possibile, la presenza dell’interprete sarebbe auspicabile solo per l’omelia o anche per qualche altra parte della Messa oppure per tutta la celebrazione? Inoltre l’interprete dove dovrebbe stare? Sul presbiterio o in altro luogo più adatto? E’ consigliabile preparare una celebrazione eucaristica dove sono presenti soltanto i sordomuti? Oppure è opportuno evitare questa soluzione per farli partecipare ad una Messa di orario della comunità parrocchiale per non farli sentire fratelli “diversi”? In quest’ultimo caso è bene scegliere un giorno feriale o anche la domenica? Carissimo don Antonio, cosa può suggerirci ancora per far sentire questi fratelli profondamente inseriti nella vita della comunità parrocchiale? Infine ci sono documenti in merito a tutto ciò? La ringrazio di vero cuore per le sue risposte che saranno preziosissime per rendere un servizio pieno di amore per i nostri fratelli sordomuti e di conseguenza per tutta la nostra parrocchia.

Don Antonio risponde.

Non esiste alcun documento specifico sulla partecipazione di sordomuti ad un celebrazione eucaristica. Sia la catechesi sia la liturgia sono destinate a tutti. Così insegna la Chiesa. Nell’Anno internazionale dell’handicappato (1981) la Santa Sede intervenne con un documento sui disabili esortando le comunità a non emarginarli, ma a inserirli e a farli sentire partecipi sia agli incontri di catechesi che alle celebrazioni con opportuni interventi. Pertanto, è auspicabile la presenza dell’interprete non solo per l’omelia, ma anche per qualche altra parte della Messa festiva di tutta la comunità. L’interprete si metta in un luogo adatto alla comunicazione visibile (non all’ambone, né proprio vicino al sacerdote), ma piuttosto di fronte al gruppo di sordomuti. La superiora dell’Istituto Smaldone di via PIO XI in Salerno, da me interpellata, ha dato delle informazioni preziose che trascrivo. Il Concilio Vaticano I (1870), interpretando in modo superficiale l’espressione paolina “fides ex auditu” (la fede viene dall’ascolto), ne dedusse addirittura l’esclusione dei sordi dalla salvezza. Ma S. Francesco Di Sales è patrono delle suore apostole dei sordomuti perché accolse in casa sua un mendicante sordomuto, il quale, a contatto con quel santo vescovo e con il suo esempio di preghiera, si aprì alla fede e alla preghiera, anche se non pronunciata verbalmente.

I ministri straordinari della Comunione.

Clara scrive Caro don Antonio, le scrivo confidando nella sua profonda preparazione. E’ giusto che i ministri straordinari della Comunione per portare il Corpo di Cristo agli ammalati si mettano in processione con i fedeli che devono comunicarsi e giunti davanti al sacerdote aprano la teca dove quest’ultimo pone le ostie consacrate, e subito dopo chiusa la teca lo stesso ministro riceva l’Eucaristia? Oppure i ministri devono salire in presbiterio e in un altro momento? I ministri portando la teca col Santissimo vanno subito dagli ammalati o aspettano la benedizione finale e il congedo? Se restano fino alla fine della S. Messa ricevendo la benedizione devono segnarsi col segno della croce oppure portando con sé l’Eucaristia non è opportuno? Considerando il caso in cui il sacerdote distribuisce la santa Comunione sotto le due specie facendosi aiutare da un ministro straordinario, può quest’ultimo mantenere la pisside mentre il sacerdote calice? Per la distribuzione sotto le due specie è corretto che il sacerdote scenda dall’altare con la pisside e il calice per poi farsi aiutare dal ministro che aspetta sul limitare del presbiterio e che prima di ricevere il vaso sacro fa la genuflessione o l’inchino? Infine c’è un documento o libro liturgico che spiega dettagliatamente gli atteggiamenti dei ministri straordinari della Comunione durante una celebrazione? La ringrazio per le risposte chiare e precise che ci dà sempre.

Don Antonio risponde.

a. Se non devono aiutare a distribuire l’Eucaristia in chiesa, appena ricevuta la teca con le Ostie per i malati, partono per il loro delicato compito. Questa loro partenza diventa un segno visibile ed educante per tutta la comunità, che non dimentica i suoi membri più deboli.

b. Se un ministro straordinario aiuta il sacerdote nel distribuire la Comunione anche con il vino consacrato, il ministro mantiene il calice e il prete mantiene la pisside con le Ostie. Nel ricevere il vaso sacro, non è previsto alcun inchino o genuflessione.

Per informarsi meglio sulla spiritualità dei ministri straordinari della Comunione e sulla loro gestualità, conviene consultare il Rito della Comunione dopo la Messa e l’Istruzione Immensae caritatis.

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